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Pelham 1 2 3 [di Tony Scott]

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2009 12:17
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23/09/2009 12:17

Nei suoi ingredienti di base – lotta di nervi a distanza fra i protagonisti, sequestro con richiesta di riscatto, l’uomo ordinario che diventa eroe in circostanze straordinarie e la mastermind criminale diventata tale per rifiuto del sistema, e via dicendo – Pelham 123 – Ostaggi in metropolitana è un thriller assolutamente ordinario, nella sua sostanziale onestà. Un film che si offre per quello che è, e poco più.

Al timone c’è uno specialista del genere come Tony Scott, che basandosi sul film del 1974 Il colpo della metropolitana – Un ostaggio al minuto fa ben poco per modificare il suo stile registico oramai standardizzato (formalmente, sono anni che gira lo stesso film) e si affida in pieno alla coppia di protagonisti che ha scelto: da un lato un Denzel Washington che recita con classe con il solo volto per buona parte del film, considerata la staticità cui il suo personaggio è costretto dalla storia, dall’altra un John Travolta che fa il Nicolas Cage (Face/Off non è passato invano), andando volutamente (?) sopra le righe e regalando(si) una profusione di smorfie e occhietti strabuzzati.

Ma se in apparenza Pelham 123 è un film tutto polarizzato sullo scontro a distanza (e non) tra i suoi due personaggi principali, è impossibile non notare già dopo pochissimi minuti come il film di Scott tenda in realtà ad essere un omaggio affettuoso (e un po' retorico) ad una realtà collettiva che corrisponde alla metropoli ed alla popolazione di New York. Garber e Ryder - i personaggi di Washington e Travolta – rappresentano infatti due facce della stessa medaglia, incarnano singolarmente uno spirito collettivo che Scott sostiene essere quello della Grande Mela.

La variabile impazzita Ryder nutre amore-odio per la città alla quale “preparava la colazione tutte le mattine”, per la quale ha fatto il lavoro sporco e che poi l’ha rifiutato ed abbandonato nel momento del bisogno, ma nella sua bramosia di vendetta si scontra con un organismo complesso e articolato che va dal passeggero della metro che sequestra ad un sindaco pavido ma sincero. Organismo magari contraddittorio e facile alla tentazione, ma dal grande cuore, che s’incarna in un Garber che non è esente da macchie ma che si riscatta proprio quando, per dirla con il suo antagonista, rappresenta New York e la sua amministrazione.

Che poi, in questo contesto ovviamente figlio dell’11/9, il “terrorismo” sia quello delle speculazioni finanziarie e della manipolazione occulta dei meccanismi dei mercati, è un tocco liberal quasi superfluo: già prima di Moore e dei suoi predecessori, l’atto d’accusa a Wall Street era stato firmato, a modo suo, da Oliver Stone nell’omonimo film di cui è imminente il sequel.



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